Spero vivamente che tale progetto sia solo una provocazione e credo che la via giusta da tentare sia quella proposta nell'incontro in Basilica dal Priore Michele Gargiulo. Bisogna portare in Consiglio Comunale la proposta di riconoscere il diritto di Giuspatronato come patrimopnio culturale della collettività e da lì partire per riconoscimenti ancora più elevati a livello regionale, nazionale e, perchè no, internazionale. Se non si trova un consigliere che faccia da interlocutore per tale iniziativa lo Statuto Comunale prevede la possibilità che siano i cittadini a proporlo al consiglio comunale raccogliendo sulla proposta almeno 700 firme. Ecco se si vuole veramente realizzare un atto simbolico di enorme valore si mettano i gazebo fuori la basilica ma non per una votazione degna dei migliori film della commedia all'italiana ma per raccogliere le firme necessarie a portare all'attenzione del nostro Consiglio Comunale la proposta, lo si faccia in ogni chiesa di Piano e sono sicuro che le firme arriveranno!
16 luglio 2022
GIUSPATRONATO FAI DA TE? NO GRAZIE....
03 luglio 2022
IL POTERE DELLA TRADIZIONE
In quei 15 minuti quella vela ferma lì in Piazza ha rivendicato inconsapevolmente la forza della Tradizione, di un popolo che difende ciò che i padri ci hanno tramandato. In quei minuti mi è parso di sentire la voce di don Alberto "Ragazzi, ma che caspita state combinando.... ora ci penso io", subito raggiunto dal Priore Giosuè "Don Alberto vediamo un po' che possiamo fare". Mi piace pensare che le loro mani insieme abbiano fermato quella vela, abbiano obbligato ad una sosta forzata sia la barchetta che la statua della Madonna, che insieme abbiano "apparato" al guaio che altre menti, ottuse e che ignorano la nostra storia, stavano per combinare e solo dopo che Giosuè abbia esclamato il suo tradizionale "viva la Madonna delle Grazie, viva la Marina di Cassano, viva Piano di Sorrento" la processione sia potuta ripartire. La speranza è ora che in futuro TUTTI rispettino di più le nostre Tradizioni, considerandole patrimonio prezioso della collettività e non orpelli da gestire a proprio piacimento o peggio carnevalate. Che siano in molti a lottare per esse, senza paura!
02 luglio 2022
LA MADONNA DELLE GRAZIE E PIAZZA COTA, UNA SOSTA IMPRESCINDIBILE
L'utilità pratica è il permettere, soprattutto ai più piccoli, di bere un sorso d'acqua e espletare altre esigenze prima di riprendere il cammino e con il caldo previsto sarebbe quanto mai importante. Ma questa è un'aspetto secondario seppur importante.
Veniamo ora all'aspetto principale. Qualcuno si è mai chiesto perchè tanti carottesi si recano di prima mattina in Piazza Cota ad attendere l'arrivo della Madonna delle Grazie quando potrebbero tranquillamente vedere la processione da casa propria? Io credo che inconsiamente tutti sappiamo una verità che spesso viene taciuta. La vera Patrona di Piano di Sorrento è la Madonna delle Grazie! No, non è una fantasia, è la verità storica. Partiamo dall'inizio. Come tutti purtroppo sappiamo la processione di San Michele viene organizzata ogni 25 anni, ma non fu sempre così e per confermarlo basterebbe sfogliare i libri di foto storiche di Piano. Incuriosito da questa circostanza cercai di informarmi e nel 2008 due appassionati di storia locale, incontrati separatemente, mi riferirono la stessa storia sulla nascita di questa cadenza nelle uscite così lunga. Secondo loro il tutto avrebbe origine non nella notte dei tempi ma agli inizi degli anni '60, sembrerebbe che la diocesi all'epoca avesse imposto una sola processione "patronale" per parrocchia da aggiungere al Corpus Domini ed a quelle della settimana santa ed il clero di allora avesse deiciso di privilegiare la processione della Madonna delle Grazie di Marina di Cassano in luogo di quella di San Michele concedendo ad essa i privilegi di "processione patronale".
Quindi la sosta della processione in Piazza Cota non è una delle tante soste del percorso ma è il momento tradizionalmente e storicamente più significativo dell'intero corteo. La sosta nella piazza principale del paese è il momento in cui la Madonna delle Grazie, come patrona di Piano, benedice l'intero territorio, senza quella sosta niente ha senso.
Un altro mistero è il motivo della mancata sosta, ufficialmente si sostiene che serve ad evitare assembramenti. Orbene la processione in cui la Madonna è salita ai colli una settimana fa ha effettuato regolarmente la sosta tradizionale sul belvedere, lì il problema assembramento non c'era? Ogni sera si tengono eventi a Villa Fondi, anche lì il prtoblema assembramento non c'è? Perchè sono sempre gli eventi legati alla tradizione ad essere discriminati? E poi da chi è partito questo divieto assurdo? Chiunque sia si studi meglio la nostra Storia e le nostre Tradizioni, solo così potra comprendere a fondo il significato di quei pochi minuti in Piazza Cota così attesi da tutti noi.
Chi puo', Sindaco, Assessore alla Cultura, Assessore alle Tradizioni intervenga SUBITO e salvi quei pochi minuti in cui la storia si sposa con la fede e la tradizione, in cui un intero popolo attende di salutare la Madonna delle Grazie nella Piazza simbolo di Piano. Se non è cultura e tradizione quei pochi minuti cosa lo è veramente? Si predisponga anche un semplice tavolino (in piazza i tavolini in questi giorni non mancano) con dei fiori ed un'amplificazione e si permetta la tradizionale benedizione. Grazie anticipatamente a nome di tutti i carottesi per quanto farete.
19 giugno 2022
LETTERA APERTA AL NOSTRO VESCOVO
sia
però lecito difendere i diritti propri e dei concittadini contro gli
abusi dell'autorità,
nel rispetto dei limiti dettati dalla
legge naturale e dal Vangelo.
(Gaudium
et spes - par.74)
In
modo proporzionato alla scienza, alla competenza e al prestigio di
cui godono, essi
(i fedeli) hanno il diritto, e anzi talvolta anche il dovere, di
manifestare ai sacri Pastori il loro pensiero su ciò che riguarda il
bene della Chiesa; e di renderlo noto agli altri fedeli, salva
restando l'integrità della fede e dei costumi e il rispetto verso i
Pastori, tenendo
inoltre presente l'utilità comune e la dignità delle persone.
(Codice
di Diritto Canoninco - canone 212 §3)
Eccellenza,
chi le scrive non rappresenta altro che se stesso e l’amore per la sua terra e le sue tradizioni, un fedele fra i tanti, ma è convinto di portare l’eco che giunge dai nostri avi vissuti secoli fa. Un popolo di gente umile ma leale, che aveva a cuore la comunità e con essa la parrocchia in cui viveva. Gente seria a cui non servivano contratti o scritture private e che i patti li siglava con una stretta di mano. Questa gente, che spesso faticava a mettere insieme il pranzo con la cena, ha eretto le nostre chiese e curato le esigenze del clero. Il giuspatronato, termine inviso al clero di oggi, non è un privilegio ma è un diritto che quella gente ha conquistato.
Eccellenza guardi le belle chiese della Penisola, su ogni pietra troverà le gocce di sudore del contadino che si spaccava la schiena per vivere eppure donava parte del suo già misero ricavo per abbellire la casa di Dio e, se non aveva abbastanza denaro, contribuiva con parte del raccolto. Guardi i bei dipinti e si renda conto che su ogni tela ci sono le lacrime delle mogli e delle madri che aspettavano il ritorno di chi si guadagnava la vita sul mare e nonostante i sacrifici destinava una quota della paga alla sua parrocchia. Guardi i bei marmi che ornano colonne ed altari e consideri che su ogni lastra di marmo ci sono le notti insonni dei nostri commercianti che dovevano far quadrare i conti della bottega e della famiglia. Ogni chiesa, ogni cappella della nostra bella penisola è intrisa di sudore e lacrime di chi nei secoli ha donato parte del suo lavoro, della sua vita, alla collettività.
La Chiesa di allora, che è anche quella di oggi, con quelle persone strinse un patto, gli garantì che in cambio di quei contributi avrebbero potuto eleggere chi poi quei beni avrebbe gestito e cioè il Parroco e l'amministrazione laica. Un patto codificato dalla Chiesa ed a cui oggi nei fatti la Diocesi viene meno unilateralmente. I fedeli invece quel patto lo continuano ad onorare, dopo il terremoto del 1980 l’allora amministrazione laica della Parrocchia di San Michele, con altri personaggi che godevano della stima della collettività, girò porta a porta per raccogliere o una somma una tantum o un impegno da parte della famiglia a versare periodicamente una cifra, il tutto per restaurare la Basilica rovinata dal sisma. Se poi Ellla si troverà in visita a San Michele guardi le porte di bronzo e sappia che sono state finanziate dai fedeli che sono giunti a donare i propri gioielli d’oro per raccogliere la cifra necessaria.
Chi le scrive non è qui a chiedere il ripristino di un privilegio, ma è qui a pretendere un ritorno alla legalità che vuol dire un ritorno al rispetto delle norme e degli impegni. Sì la legalità, bella parola di cui spesso Lei ed altri Vescovi si sono riempiti la bocca ma poi, nei fatti, le norme vengono dalla Diocesi calpestate, ignorate, eluse. Qualche anno fa l’ultimo parroco della Parrochia di San Michele disse in un’omelia che la Chiesa non è una democrazia ma una monarchia illuminata, si sbagliava! Il monarca illuminato governa rispettando le regole e le norme, il monarca che invece governa eludendo le regole che egli stesso si è dato, che non rispetta gli impegni assunti è semplicemente un despota. In questo momento la nostra diocesi, spiace dirlo, ma si comporta da despota eludendo, non violando (almeno al momento), le regole e considerando i fedeli sudditi e non fratelli.
Eccellenza le chiedo solamente un ripensamento, un atto di amore verso il suo popolo di cui è pastore ma che conosce così poco, un atto che ripristini la legalità da troppo tempo violata nei fatti. Le chiedo di riconoscere un diritto sacrosanto perchè conquistato con i sacrifici di generazioni di carottesi, metesi, santanellesi e sorrentini, Le chiedo di indire al più presto libere elezioni in tutte le parrochie che godono del diritto di “jus patronatus”, tutte da troppo tempo senza parroco. Scelga Lei liberamente le terne da sottoporre al voto, è una Sua prerogativa indiscussa. Scelga, ma poi ci lasci votare, lasci che un popolo eserciti un suo diritto, si comporti da sovrano serio ed illuminato e non da despota rinchiuso nella sua torre d’avorio e nel suo silenzio.
Oggi altre voci ben più autorevoli si stanno unendo alla mia che da 16 anni cerca di diffondere la conoscenza dello “jus patronatus” nella speranza che la conoscenza porti poi a pretendere l’esercizio di quel diritto. Ciò non puo’ che rallegrarmi, discutere della nostra Storia, difendere un diritto che gli avi ci hanno tramandato, non solo è cosa buona e giusta ma è esercizio doveroso come sarebbe doveroso da parte Sua adempiere ad un obbligo specifico da troppo tempo eluso nella convinzione errata che poi il popolo avrebbe dimenticato, avrebbe rimosso e si sarebbe adeguato allo “status quo”. Ultimo gesto sinceramente fuori luogo Lei lo ha fatto in occasione della celebrazione delle Cresime il 17 giugno quando tra tanti sacerdoti con cui concelebrare ha scelto don Marino, scientemente ha voluto sottolineare, affiancandolo a don Pasquale, che il destino di quest’ultimo sarà lo stesso piaccia o no alla comunità dei fedeli. L’esibizione dei due sacerdoti sull’altare di San Michele come una sorta di trofeo in ostentazione del suo potere basato sull’elusione delle regole credo abbia superato il limite del buon gusto e solo l’educazione dei miei concittadini hanno evitato spiacevoli contestazioni. Chi ha capito subito il segnale che Lei ha voluto dare ha preferito lasciare la Basilica per rispetto verso il Padrone di Casa ma a molti è sembrato veramente un guanto di sfida lanciato alla nostra comunità che forse sta alzando la testa per rivendicare un suo sacrostanto diritto.
Eccellenza da fedele non posso che obbedire alle sue indicazioni in tema di dottrina della Fede, da uomo mi permetto di non condividere le sue scelte in tema di giuspatronato ritenendole lesive dei diritti e della Storia di un’intera comunità.
Auspicando un suo ripensamento la saluto distintamente.
Domenico Cinque
17 giugno 2022
LA BARCA DEL GIUSPATRONATO
14 aprile 2022
LA NOSTRA PASSIONE, LA NOSTRA PASQUA
Le Processioni degli incappucciati hanno in se due apetti ugualmente importanti: la Fede e il significato storico-culturale. Sono due aspetti che convivono nello stesso Rito ma sono nettamente distinti. L'aspetto religioso riguarda principalmente chi ai cortei partecipa o, meglio, una parte di essi. E' un aspetto abbastanza semplice da spiegare e far assimilare anche a chi si avvicina alle Confraternite per la prima volta ed è quello che a me personalmente interessa meno.
Più complesso è l'aspetto storico-culturale tanto che spesso sfugge nella sua essenza profonda anche agli stessi addetti ai lavori. Per rendersene conto basta guardare qualche filmato che le stesse confraternite postano on line in cui, quasi con fare dispregiativo, si sottolinea come non bisogna considerare la Processione come uno spettacolo per cui non si paga il biglietto o da fotografare per immagini che durano al massimo fino a Pasqua ed invitano ad essere la processione. Orbene da ciò si evince come, chi ha scritto quei testi, non si renda conto che, dal punto di vista folklorico (nel senso più nobile de termine), le persone a bordo strada, sui balconi, alle finestre sono parte integrante di quello spettacolo o, meglio di quel Rito identitario. Tutti in quel senso sono la Processione, lo sono perchè insieme rinnovano un appuntamento secolare con la propria Storia, la propria identità. Forse inconsapevolmente gli stessi esponenti delle Confraternite se da un lato rivendicano il valore penitenziale delle Processioni nei fatti cercano il pubblico come componente essenziale che in qualche modo completa il Rito. Basti pensare alle ultime due settimane sante in cui incappucciati isolati hanno percorso nella notte le vie e le piazze del paese recando qualche simbolo della Passione ma avendo l'accortezza di farsi accompagnare da qualcuno che riprendesse il pellegrinaggio. Ecco la necessità di render partecipe tutti di quello che avviene, di testimoniare che l'appuntamento con la Storia si è perpetuato, che il filo con i nostri avi ed i nostri discendenti non si è interrotto. Loro stessi scrivono che non erano soli ma insieme con loro hanno sfilato i propri avi ed i figli dei propri figli.... questo nulla ha a che vedere con al penitenza e la fede ma è un chiaro, forse inconscio, certamente laico, riferimento al significato storico di quei cortei. Insomma il giovedì ed il venerdì santo per tutti noi carottesi è un viaggio nel tempo in ore senza tempo, ferme nella storia, in cui passato, presente e futuro sono uniti in qualcosa di trascendentale che solo a chi ha le proprie radici qui è dato capire fino in fondo. Questo è il grande problema, mentre l'aspetto religioso si può trasmettere a chiunque affinchè lo comprenda, il lato storico-culturale per quanto lo si possa spiegare non sarà mai comprensibile a chi non ha le proprie radici a Piano, a chi non ha vissuto da piccolo per mano dei genitori l'attesa del corteo, la spiegazione dei simboli, l'imparare a memoria il testo del coro. Sono tutte immagini che in questa notte tornano ai nostri occhi vive e reali, per qualche ora saremo in compagnia del nonno o di nostro nipote che nascerà fra decine di anni, sentiremo la voce di papà che ci spiega i trenta denari o la Veronica anche se ormai manca da decenni. Una magia, un incantesimo che pochi possono capire e vivere e che solo gli incappucciati sanno regalare. Ripeto per chi non è nato qui non si sforzi di capire, ci prenda pure per matti e visionari, per romantici illusi, noi tutti carottesi sappiamo che non lo siamo, lo sappiamo e questo ci basta.
Buona Settima Santa, la nostra Passione, e buon Venerdì di Parasceve, la nostra Pasqua....
18 marzo 2022
LA LUNA DEGLI INCAPPUCCIATI
Oggi nei nostri cieli splende la luna piena, non è una luna piena come tante altre, è l’ultima luna piena prima di quella che segna la data della Pasqua.
Quando la faccia che il nostro satellite volge alla Terra sarà di nuovo tutta illuminata sarà la Settimana Santa e la luna tornerà ad illuminare le vesti (i sacchi) degli incappucciati. L’ultima volta fu nel 2019, poi tre lunghissimi anni di attesa, di inni riecheggianti da balconi e finestre e di strade deserte, di uscite furtive per riaffermare la continuità di una Tradizione che niente, nemmeno il Covid, è riuscito a vincere. Finalmente la Settimana Santa tornerà a riempirsi della nostra Passione, i dati della pandemia purtroppo non sono in miglioramento e quindi saranno Processioni con vincoli e paletti per garantire la sicurezza sia dei partecipanti che di chi vorrà assistere, anche questi ultimi parte di un Rito collettivo di identità popolare. La luna tornerà ad illuminare i lampioni e le fiaccole nella nostra notte senza tempo, nelle strade e nei vicoli torneranno a risuonare le note del Miserere e, speriamo, del Calvario magari intonato per l’occasione da cantori più grandicelli. I Priori più lungimiranti e più consapevoli della loro responsabilità verso la Storia e verso la comunità carottese hanno gettato il cuore oltre l’ostacolo e pur tra mille difficoltà stanno lavorando per garantire l’uscita degli incappucciati, magari quest’anno la Processione non sarà perfetta ma sarà certamente la più emozionante che si ricordi a memoria d’uomo.
Al tramonto del martedì i primi tamburi del Luigini li sentiremo anche a chilometri di distanza perchè risuoneranno nei nostri cuori prima ancora che nelle nostre orecchie, segno che la lunga assenza è finita.
Al tramonto del giovedì i lampioni dell’Annunziata rischiareranno tutto il nostro paese, da Vico Alvano alla Marina, cacciando via, con il buio, la tristezza e la malinconia di due lunghi anni.
La notte del Venerdì i Neri porteranno l’immagine dell’Addolorata in pellegrinaggio per il paese a raccogliere dolore ed incertezze accumulatesi in questi lunghi mesi, passerà davanti ai portoni di chi ci ha lasciato vittima della pandemia, sarà una lunga notte che ci condurrà verso un’alba di rinascita metafora di quello che speriamo accada presto.
La sera del Venerdì probabilmente dopo secoli saranno solo i Neri a sfilare, soli a raccogliere il testimone della nostra Storia, a perpetuare ciò che i nostri padri ci hanno tramandato. La luna piena di primavera stupita li vedrà passare soli, testimoni di una Tradizione che si rinnova da secoli la sera del Venerdì Santo. Stupiti saremo tutti noi, ma nel contempo saremo grati ai quei Priori che hanno compreso che, prima ancora della perfezione della Processione, quel che conta è il significato che essa ha per tutti noi, significato laico oltre che religioso, i cortei degli IncappucciatI sono la nostra Storia, le nostre radici ma anche il nostro futuro. Ovvio che il tutto dovrà svolgersi obbedendo rigidamente alle misure di sicurezza che garantiscano la salute di chi vi partecipa e di chi vi assiste, misure che sono state dettate dalla curia e che verranno certamente indicate anche dalle autorità civili e che tutti dobbiamo rispettare, ma sono certo che la prossima luna piena assisterà alla più emozionante Settimana Santa che si possa ricordare.