sia
però lecito difendere i diritti propri e dei concittadini contro gli
abusi dell'autorità,
nel rispetto dei limiti dettati dalla
legge naturale e dal Vangelo.
(Gaudium
et spes - par.74)
In
modo proporzionato alla scienza, alla competenza e al prestigio di
cui godono, essi
(i fedeli) hanno il diritto, e anzi talvolta anche il dovere, di
manifestare ai sacri Pastori il loro pensiero su ciò che riguarda il
bene della Chiesa; e di renderlo noto agli altri fedeli, salva
restando l'integrità della fede e dei costumi e il rispetto verso i
Pastori, tenendo
inoltre presente l'utilità comune e la dignità delle persone.
(Codice
di Diritto Canoninco - canone 212 §3)
Eccellenza,
chi
le scrive non rappresenta altro che se stesso e l’amore per la sua
terra e le sue tradizioni, un fedele fra i tanti, ma è convinto di
portare l’eco che giunge dai nostri avi vissuti secoli fa. Un
popolo di gente umile ma leale, che aveva a cuore la comunità e con
essa la parrocchia in cui viveva. Gente seria a cui non servivano
contratti o scritture private e che i patti li siglava con una
stretta di mano. Questa gente, che spesso faticava a mettere insieme
il pranzo con la cena, ha eretto le nostre chiese e curato le
esigenze del clero. Il giuspatronato, termine inviso al clero di
oggi, non è un privilegio ma è un diritto che quella gente ha
conquistato.
Eccellenza
guardi le belle chiese della Penisola, su ogni pietra troverà le
gocce di sudore del contadino che si spaccava la schiena per vivere
eppure donava parte del suo già misero ricavo per abbellire la casa
di Dio e, se non aveva abbastanza denaro, contribuiva con parte del
raccolto. Guardi i bei dipinti e si renda conto che su ogni tela ci
sono le lacrime delle mogli e delle madri che aspettavano il ritorno
di chi si guadagnava la vita sul mare e nonostante i sacrifici
destinava una quota della paga alla sua parrocchia. Guardi i bei
marmi che ornano colonne ed altari e consideri che su ogni lastra di
marmo ci sono le notti insonni dei nostri commercianti che dovevano
far quadrare i conti della bottega e della famiglia. Ogni chiesa,
ogni cappella della nostra bella penisola è intrisa di sudore e
lacrime di chi nei secoli ha donato parte del suo lavoro, della sua
vita, alla collettività.
La
Chiesa di allora, che è anche quella di oggi, con quelle persone
strinse un patto, gli garantì che in cambio di quei contributi
avrebbero potuto eleggere chi poi quei beni avrebbe gestito e cioè
il Parroco e l'amministrazione laica. Un patto codificato dalla
Chiesa ed a cui oggi nei fatti la Diocesi viene meno unilateralmente.
I fedeli invece quel patto lo continuano ad onorare, dopo il
terremoto del 1980 l’allora amministrazione laica della Parrocchia
di San Michele, con altri personaggi che godevano della stima della
collettività, girò porta a porta per raccogliere o una somma una
tantum o un impegno da parte della famiglia a versare periodicamente
una cifra, il tutto per restaurare la Basilica rovinata dal sisma. Se
poi Ellla si troverà in visita a San Michele guardi le porte di
bronzo e sappia che sono state finanziate dai fedeli che sono giunti
a donare i propri gioielli d’oro per raccogliere la cifra
necessaria.
Chi
le scrive non è qui a chiedere il ripristino di un privilegio, ma è
qui a pretendere un ritorno alla legalità che vuol dire un ritorno
al rispetto delle norme e degli impegni. Sì la legalità, bella
parola di cui spesso Lei ed altri Vescovi si sono riempiti la bocca
ma poi, nei fatti, le norme vengono dalla Diocesi calpestate,
ignorate, eluse. Qualche anno fa l’ultimo parroco della Parrochia
di San Michele disse in un’omelia che la Chiesa non è una
democrazia ma una monarchia illuminata, si sbagliava! Il monarca
illuminato governa rispettando le regole e le norme, il monarca che
invece governa eludendo le regole che egli stesso si è dato, che non
rispetta gli impegni assunti è semplicemente un despota. In
questo momento la nostra diocesi, spiace dirlo, ma si comporta da
despota eludendo, non violando (almeno al momento), le regole e considerando i fedeli sudditi e non fratelli.
Eccellenza
le chiedo solamente un ripensamento, un atto di amore verso il suo
popolo di cui è pastore ma che conosce così poco, un atto che
ripristini la legalità da troppo tempo violata nei fatti. Le chiedo
di riconoscere un diritto sacrosanto perchè conquistato con i
sacrifici di generazioni di carottesi, metesi, santanellesi e
sorrentini, Le chiedo di indire al più presto libere elezioni in
tutte le parrochie che godono del diritto di “jus patronatus”,
tutte da troppo tempo senza parroco. Scelga Lei liberamente le terne
da sottoporre al voto, è una Sua prerogativa indiscussa. Scelga, ma
poi ci lasci votare, lasci che un popolo eserciti un suo diritto, si
comporti da sovrano serio ed illuminato e non da despota rinchiuso
nella sua torre d’avorio e nel suo silenzio.
Oggi
altre voci ben più autorevoli si stanno unendo alla mia che da 16
anni cerca di diffondere la conoscenza dello “jus patronatus”
nella speranza che la conoscenza porti poi a pretendere l’esercizio
di quel diritto. Ciò non puo’ che rallegrarmi, discutere della
nostra Storia, difendere un diritto che gli avi ci hanno tramandato,
non solo è cosa buona e giusta ma è esercizio doveroso come sarebbe
doveroso da parte Sua adempiere ad un obbligo specifico da troppo
tempo eluso nella convinzione errata che poi il popolo avrebbe
dimenticato, avrebbe rimosso e si sarebbe adeguato allo “status
quo”. Ultimo gesto sinceramente fuori luogo Lei lo ha fatto in
occasione della celebrazione delle Cresime il 17 giugno quando tra
tanti sacerdoti con cui concelebrare ha scelto don Marino,
scientemente ha voluto sottolineare, affiancandolo a don Pasquale,
che il destino di quest’ultimo sarà lo stesso piaccia o no alla
comunità dei fedeli. L’esibizione dei due sacerdoti sull’altare
di San Michele come una sorta di trofeo in ostentazione del suo
potere basato sull’elusione delle regole credo abbia superato il
limite del buon gusto e solo l’educazione dei miei concittadini
hanno evitato spiacevoli contestazioni. Chi ha capito subito il
segnale che Lei ha voluto dare ha preferito lasciare la Basilica per
rispetto verso il Padrone di Casa ma a molti è sembrato veramente un
guanto di sfida lanciato alla nostra comunità che forse sta alzando
la testa per rivendicare un suo sacrostanto diritto.
Eccellenza
da fedele non posso che obbedire alle sue indicazioni in tema di
dottrina della Fede, da uomo mi permetto di non condividere le sue
scelte in tema di giuspatronato ritenendole lesive dei diritti e
della Storia di un’intera comunità.
Auspicando
un suo ripensamento la saluto distintamente.
Domenico
Cinque