A distanza di qualche giorno mi tocca tornare sul tema a me caro del giuspatronato. Ci debbo tornare poiché sui social e su qualche giornale il dibattito s’infiamma e spesso si scrive senza cognizione di causa. In primo luogo occorre sfrondare i vari interventi da tutta l’inutile retorica di cui sono infarciti. Ripuliti gli interventi di questi unitili orpelli che servono solo a mascherare l’esiguità degli argomenti di chi cerca di affossare una bella tradizione di concreto rimane ben poco, poco che cercherò di andare a d esaminare.
“Chi siamo noi per giudicare un sacerdote?”
E’ vero che noi cittadini nel votare operiamo una scelta e quindi “giudichiamo”, ma giudichiamo solamente chi, a nostro parere, è il sacerdote più adatto a guidare la parrocchia in base a parametri squisitamente soggettivi. Voler forzare la mano ed intendere tale giudizio esteso alla stessa figura dei sacerdoti candidati vuol dire non conoscere il regolamento diocesano che porta all’elezione del Parroco.
La procedura inizia con una cinquina di sacerdoti che viene scelta dal presbiterio diocesano con voto segreto tra tutti i sacerdoti dell’Archidiocesi che abbiano le doti e le attitudini spirituali, morali, pastorali e culturali per reggere il popolo di quella determinata parrocchia (art. 4). Il Vescovo, sentito il Consiglio Presbiterale Diocesano, da quella cinquina ne sceglierà tre da sottoporre al voto popolare (art. 6). E’ chiaro che da una simile e qualificata selezione emergeranno tre sacerdoti le cui qualità non possono essere messe in discussione. Quindi nel voto non giudichiamo il sacerdote in quanto tale ma si esprime solo una preferenza su chi dei tre, le cui qualità sono state già acclarate con una procedura ben codificata, sia a nostro avviso il parroco ideale.
“Il diritto di giuspatronato è anacronistico anche perché ormai nessuna famiglia contribuisce al sostentamento del clero e della parrocchia”
Questa è un’altra delle obiezioni più frequenti con cui chi, come me, difende questa tradizione deve scontrarsi. Anche questa sembra un’argomentazione difficile da demolire, sembra a chi non conosce la storia e non si prende la briga di documentarsi. Sull’anacronismo dobbiamo convenire che la Chiesa è infarcita di Riti anacronistici che visti da chi è culturalmente lontano da essa sembrano senza senso. Io adoro i Riti della Settimana Santa quindi vi prego di non fraintendermi e non montare un caso anzi vi chiedo con me di fare uno sforzo e per un momento guardare a questi Riti con gli occhi di un alieno. Vedreste in una notte di inizio primavera centinaia di adulti in giro per le vie del paese incappucciati e recanti vassoi pieni di cianfrusaglie (dadi, guanti, monete etc.) alla luce di lanterne a cera, più anacronistico di questo! Eppure per noi carottesi tutto ha un senso, tutto ha una ragione e mai ci sogneremmo di definire questi riti secolari anacronistici, di certo sarebbe più consono utilizzare ad esempio luci led al posto delle lanterne di cera ma ovviamente si rispetta la tradizione.
Sul sostegno economico alla parrocchia, che è fondamento del giuspatronato, bisogna ammettere che attualmente le famiglie non finanziano più con regolarità il nostro clero anche se in caso di necessità sono sempre intervenute, si pensi alla raccolta fondi per il restauro della nostra Basilica dopo il terremoto del 1980 o alla realizzazione delle porte di bronzo, ma la risposta sul permanere del diritto di giuspatronato la ritroviamo come spesso accade nella Storia.
C’è un prezioso libretto di don Vincenzo Simeoli intitolato appunto “Jus Patronatus” che venne dato alle stampe nel luglio del 2000 in soli 200 esemplari. Dal testo apprendiamo che il 10 ottobre 1822 Re Ferdinando con un editto invitò i patroni a pagare il dovuto per il mantenimento del clero. L’invito non venne rispettato dalle 7 parrocchie e quindi il diritto di giuspatronato doveva considerarsi estinto. Accadde però che gli arcivescovi del tempo con esplicita dichiarazione fecero conoscere che volevano che i figliani di quelle parrocchie rimanessero nel loro diritto a condizione che entro 6 mesi avessero provveduto all’integrazione delle doti così come previsto dall’editto di Re Ferdinando I. Nell’archivio della Curia sono conservati gli atti notarili che vincolavano le rendite per il fine stabilito e questi atti sono inseriti nella pratica di elezione di ogni parroco eletto dopo il 1822. Quindi quelle rendite dai nostri avi vincolate alle necessità delle parrocchie ancora esistono ed ancora producono reddito e l’hanno prodotto in tutti questi decenni ed è su questa base che si fonda il permanere del diritto di giuspatronato. Ed è per questo che il Vescovo o il Papa non potranno mai revocarlo se non con un accordo con la controparte (noi fedeli), il nostro giuspatronato non è un privilegio ma un diritto derivante da un onere che tuttora grava sulla collettività (mancato godimento di quelle rendite da parte nostra a favore delle parrocchie). Quindi il tutto puo’ configurarsi come un vero e proprio contratto cui la singola parte (fosse pure il Papa) non puo’ derogare.
Vi sono poi altre obiezioni di minore o nulla importanza, c’è chi paventa un pericolo di divisione tra i fedeli a causa di una eventuale campagna elettorale citando esempi recenti. Beh in una tradizione secolare di eventi del genere se ne ricorda solamente uno, quello recentissimo relativo all’ultima elezione, un po’ deboluccia come motivazione, se su 100 elezione una è andata male è quest’ultima l’eccezione e non la regola! Leggere poi che le elezioni sono “scempio ecclesiale opera del demonio” e che tale dichiarazioni arrivano dall’ultimo dei parroci eletti mi fa cadere letteralmente le braccia, dichiarazioni come queste sono anacronistiche e prive di senso!!!
Altra ridicola obiezione è che potrebbero recarsi alle urne anche i non battezzati. In teoria il problema si porrebbe ma in primo luogo la percentuale dei non battezzati è irrisoria rispetto al totale degli aventi diritto e se pure nell’improbabile ipotesi si recassero tutti a votare influenzerebbero poco l’esito della consultazione. Poi mi chiedo per quale motivo dovrebbero recarsi a votare? E se pure lo facessero che danno potrebbero fare? La scelta è comunque limitata a tre sacerdoti scelti con i metodi di cui sopra e quindi tutti meritori e di provata fede e capacità.
Insomma la lotta continua, non con le carte bollate (quelle le lasciamo volentieri ad altri), ma con lo spirito di chi vuole documentarsi e documentare perché questi, pur nel contrasto, sono eventi che fanno crescere la conoscenza della nostra storia e la consapevolezza che le nostre tradizioni sono preziosi tesori da custodire, preservare e tramandare, TUTTE senza eccezioni.
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